Peppe Zullo e la cantina del Paradiso

Nel ringraziare Claudia Tiberti per le belle parole, riportiamo il suo articolo pubblicato su Italia Squisita Wine

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Siamo in Puglia, ad Orsara, nella terra del pre Appennino Dauno, dove sorge un luogo straordinario di valorizzazione del territorio, di sapori autentici e genuini, alla scoperta di un’opera unica: la cantina di Peppe Zullo. Chef dall’entusiasmo irrefrenabile che ha seminato, coltivato e anima costantemente un’azienda che accoglie orto, ristorante, resort, vigneto e cantina. Una struttura magnifica scavata proprio sotto la vigna – al di sopra della cantina una copertura a vigneto, al quale si accede dall’interno della cantina attraverso una scala di collegamento – quasi a simboleggiare il filo diretto tra vigneti e vino che converge in questo archivio sotterraneo con i frutti della collaborazione tra terra e uomo.

La cantina di Peppe Zullo nasce dalla collaborazione tra l’architetto Nicola G. Tramonte e l’artista Leon Marino e prende il titolo di “Cantina del Paradiso” trovandosi essa nella Località Piano Paradiso, Orsara Di Puglia (FG). L’opera architettonica si sviluppa seguendo l’andamento del terreno, nel sottosuolo, principalmente attraverso una galleria dove dai due lati si diramano una serie di spazi di differenti dimensioni (sala degustazione, sala convegni di 70 posti, bottaia, magazzini ecc.).

Singolare è la condizione di contatto diretto che il progetto della cantina stabilisce con la memoria del luogo. Tra botti e bottiglie sembra di fare una passeggiata in un vecchio borgo caratterizzato da stradine, piccole piazze e location uniche.

Fondamentale è l’anima plurale del progetto, in cui sono coinvolti una committenza illuminata e un maestro d’arte. La galleria che costituisce la spina dorsale del progetto della cantina è stata realizzata interamente con materiali appartenenti alla tradizione artigiana. Le pietre utilizzate per la sua ri-costruzione sono scarti di una tradizione ormai non più riproponibile ma incredibilmente viva nell’immaginario collettivo di una comunità profondamente radicata alle sue tradizioni.

I materiali, in quanto recuperati da costruzioni locali demolite e in stato di abbandono, appartengono prevalentemente al territorio locale e limitrofo: pietra di Savignano e di Castelluccio in gran parte, utilizzata allo stato naturale, così come rinvenuta; pietra di Apricena, impiegata per la pavimentazione più regolare della sala rotonda, con inserti di pietre estere quali verde Guatemala e giallo egiziano, tutti con finitura superficiale semplicemente levigata. Pareti di pietra costituiscono le facciate della galleria paesana, come pezzi di storia ancorati alla propria terra.

Il risultato finale è volutamente quello di far emergere la pietra come “elemento costruttivo principe” dell’edificio, nelle sue molteplici forme e colori naturali. D’altronde “l’architettura comincia e finisce con una pietra”.

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